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TTIP: i pericoli che nasconde

Il TTIP cela diversi pericoli specialmente per l'ambiente e la salute degli europei. E non solo

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Il leaks di Greenpeace sul TTIP rischia d’inceppare, secondo alcuni analisti, il processo di negoziazione di un accordo controverso e discusso che se attuato potrebbe avere degli influssi importanti sulle politiche ambientali. Nelle 248 pagine svelate da Greenpeace emerge un quadro inquietante specialmente sul fronte energetico e ambientale. La prima questione è quella che il sistema di lavoro delle negoziazioni è fortemente squilibrato sul lato delle imprese rispetto a quello dell’interesse pubblico, visto che le consultazioni sono state centinaia per le imprese – e ne sono state richieste altre – e qualche decina per le associazioni.

Soprattutto il problema è però quello della sostanziale abolizione del Principio di precauzione, che è inserito in maniera organica nel Trattato europeo, cosa che aprirebbe la strada all’approccio statunitense rispetto alle sostanze chimiche che è esattamente l’opposto di quello europeo ossia si basa sulla gestione delle sostanze pericolose, anziché il loro bando fino a quando non ne sia provata la non pericolosità. Una questione non da poco che potrebbe minare tra le altre cose il meccanismo del Reach, visto che l’Agenzia europea per le sostanze chimiche e la sua attività sarebbe di sicuro uno dei primi obiettivi da eliminare attraverso il meccanismo dell’ISDS (Investor State Dispute Settlement), che è inserito in molti accordi commerciali e consente alle aziende di fare causa agli Stati per “mutate condizioni di mercato”.

Per esempio gli statunitensi di Lone Pine hanno fatto causa allo Stato canadese per aver vietato il fracking di gas di scisto, mentre la Philip Morris ha citato in giudizio il governo australiano per aver promosso una campagna contro il fumo. Per non parlare della Vattenfall, azienda energetica svedese che ha citato il Governo tedesco per l’uscita dal nucleare. Il conto: 4,7 miliari di euro. I processi dell’ISDS sono opachi. Si tengono a porte chiuse, in tribunali sovranazionali e senza possibilità d’appello con sanzioni che possono arrivare a decine di miliardi, mettendo così in crisi la capacità di governare da parte degli Stati. Ecco quindi a ciò che succederebbe in campo alimentare.

L’assenza nel TTIP del principio di precauzione è a favore di organismi come il Codex Alimentarius, che ha criteri meno rigidi di quelli dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. Quindi con un colpo di trattato ecco che gli standard alimentari degli europei si trasformano in quelli degli USA. Per chi non si adegua c’è il tribunale. Come afferma Federica Ferrario di Greenpeace Italia, a proposito dei leaks: “Chi ha cura delle questioni ambientali, del benessere degli animali, dei diritti dei lavoratori o della privacy su internet dovrebbe essere preoccupato per quel che c’è in questi documenti. Si confermano le forti obiezioni della società civile e di milioni di persone che in tutto il mondo hanno protestato contro il TTIP, che non è altro che un grande trasferimento di poteri democratici dai cittadini al grande business. Chiediamo a tutti i rappresentanti eletti, alla società civile, ai cittadini di leggere questi documenti e di impegnarsi in un dibattito approfondito”. Le cose non migliorano per niente sul fronte energetico. Sia Bruxelles sia gli Usa vogliono sbloccare la partita dell’importazione del gas naturale estratto negli Stati Uniti con il fracking, mentre per le rinnovabili potrebbero venire meno i requisiti di contenuto locale (LCR) che sono misure che impongono alle imprese il reperimento di una certa percentuale di beni e servizi a livello locale.

Una pietra tombale su qualsiasi tentativo di carbon tax europea e un serio rischio per l’applicazione dell’accordo della COP21, visto che diventerebbe più difficile procurarsi beni o servizi a bassa intensità di carbonio e potrebbero essere sottoposte a processo persino legislazioni, nazionali o europee, sull’efficienza energetica, visto che in ultima analisi “limitano” il mercato dell’energia. Una prova di ciò risiede nella nota riservata della Commissione europea, resa nota dall’Indipendent nei giorni della COP21, dove si chiedeva ai negoziatori del Vecchio Continente di non discutere in quella sede qualsiasi argomento circa il commercio internazionale.

Insomma una scissione tra emissioni, merci ed energia che getta una cattiva luce anche sull’accordo di Parigi. Sembra impossibile che si possono ridurre fortemente le emissioni dovute alla produzione di beni e servizi, visto che questa riduzione è rappresentata come un “attentato” al libero commercio. Altro leaks, questa volta del Guardian, riguarda le fonti fossili. In una serie di email rese note dal quotidiano britannico alcuni funzionari europei chiedono degli «input concreti» da parte delle imprese della raffinazione del petrolio, mentre a Bruxelles stanno lavorando per ammorbidire regolamenti e standard per tutta la filiera fossile, come nel caso delle auto, compresi i combustibili fossili non convenzionali come fracking e sabbie bituminose. Insomma le lobby del fossile lavorano e pure bene, dal loro punto di vista. Sarà un caso il fatto che tra gli obiettivi al 2030 l’unico non vincolante è quello che più potrebbe “ledere il mercato” ossia quello dell’efficienza energetica? Alla luce di ciò che rivelano i leaks di Greenpeace si può avere ragionevolmente qualche dubbio.

Sergio Ferraris

L’articolo è stato pubblicato su Green Style

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