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TTIP: manifestazione a Roma. Stanca

Una manifestazione quella di Roma sul TTIP che non inciderà sulle politiche del governo. Poca pressione da parte dell'opinione pubblica

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(7 maggio 2016). Trentamila o un migliaio i manifestanti alla marcia a Roma contro il TTIP. Il numero è relativo, ma, partecipazione a parte non è stata una bella manifestazione. Certo qualcuno dirà che per l’Italia è ottima, ma il confronto tra quella di Roma con le analoghe manifestazioni passate in altre capitali europee, come Berlino e Parigi, stride profondamente. Partecipazione a parte ciò che colpisce sono i pochi contenuti e la scarsa creatività che ha caratterizzato il corteo, con l’eccezione delle associazioni ambientaliste. Molte bandiere di partito, molti slogan contro gli Stati Uniti e poca rappresentazione dei contenuti del TTIP, fino ad arrivare all’assenza di ciò che un punto cardine dell’accordo: la clausola Isds che con ogni probabilità sarà il vero cavallo di Troia dell’accordo. La clausola, infatti, consentirà le aziende, in teoria d’entrambi i continenti, di far causa agli stati quando questi “ledono” interessi precostituiti, attraverso tribunali a porte chiuse che non consentono ricorsi nemmeno nelle sedi internazionali. Un’assenza significativa nella manifestazione di Roma, caratterizzata, dall’incapacità di comunicare, e declinare, contenuti importanti per la vita quotidiana dei cittadini – sono in ballo servizi pubblici che saranno derubricati a non pubblici, alimenti, energia e clima – in maniera concreta e efficace. E in una condizione di svantaggio per gli italiani e che sarà senza appello visto che le leggi di ratifica dei trattati internazionali, non possono essere soggette, secondo la Costituzione italiana, a referendum abrogativi. Quindi una volta fatto l’accordo tra Europa e Usa, con la successiva ratifica in parlamento, il TTIP non potrà più essere toccato, a meno di una profonda, e improbabile, riforma costituzionale. E da questo esecutivo sembrano non esserci grandi critiche al TTIP.

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«Sono favorevole al TTIP, è un fatto positivo per l’Italia. Naturalmente le condizioni devono essere favorevoli all’Italia. – ha detto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi nel corso della diretta social #matteorisponde, qualche giorno prima della manifestazione – No alla segretezza, ma la libertà di scambio sul commercio è una delle premesse di un mondo più sviluppato. Io sono favorevole in teoria, poi nella pratica va capito voce per voce e punto per punto». Una segretezza che impone agli europarlamentari di consultare i documenti in una stanza senza poterli copiare, neppure a mano, e che sono scritti solo in un inglese gergale e tecnico. «Di sicuro il processo del TTIP è in crisi e potrebbe non vedere mai la luce. – afferma Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club – È voluto solo dalle lobby e dai tecnocrati, mentre il peso delle opinioni pubbliche si sta facendo sentire, specialmente in Francia e Germania. Qui da noi il Presidente del Consiglio Matteo Renzi parla del TTIP senza mai approfondire, come invece sta succedendo al’estero. Bisogna mobilitarsi affinchè ci siano delle regole, circa il commercio internazionale, ma che siano regole con al centro la qualità e i diritti, anche perché l’assenza di regole giuste è dannosa quanto il TTIP».

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E mancavano, tra gli slogan del corteo anche solo degli accenni agli effetti economici del TTIP, che pure sono stati oggetto di un’accurata analisi pubblicata on line dall’eurodeputato del M5S Dario Tamburrano. Da un’indagine della Commissione Europea i “vantaggi” per il Pil del Vecchio Continente saranno di un più 0,03% ogni anno, mentre i posti di lavoro persi potrebbero essere circa un milione in entrambe le sponde dell’Atlantico. Ben più pessimista l’analisi, invece, di Jeronim Capaldo, del Global Development and Environment Institute dell’Università Tufts di Boston che il modello GPM (Global Policy Model) fatto proprio anche dalle Nazioni Unite. L’indagine vede il Pil in aumento per gli Usa del 0,36% e in diminuzione tra lo 0,03% per l’Italia e dello 0,48% in Francia, mentre i redditi aumentano di 699 euro negli Usa e diminuiscono tra i 669 euro dell’Italia e i 5.518 della Francia, così come i posti i lavoro che aumentano di 784.000 unità negli Usa e diminuiscono di 583.000 addetti in Europa. Ed ecco che subito dopo i leaks di Greenpeace la Francia, anche sotto la pressione dell’opinione pubblica ha bloccato i negoziati. «In questa fase dei negoziati la Francia dice no al Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) perché non siamo per il libero commercio senza regole.- ha affermato secco il presidente Francois Hollande – Noi non accetteremo mai la messa in discussione dei principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, la reciprocità nell’accesso agli appalti pubblici». Una posizione decisamente più secca di quella del nostro governo che non subisce una sufficiente pressione sull’argomento da parte dell’opinione pubblica italiana.

Sergio Ferraris (Testo e foto)

L’articolo è stato pubblicato su Tekneco

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