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Riciclo: sulle traccie dei materiali

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Riciclo. Molti ne parlano ma pochi conoscono a fondo ciò che avviene nei processi di recupero dei materiali. Ecco divisi per tipologia come funzionano e operano i consorzi che permettono di recuperare preziose risorse

Il riciclo è utile a noi e all’ambiente, ma come si fa? Sono sia i cittadini, sia gli amministratori locali a porsi la domanda. Negli ultimi anni il nostro paese ha fatto molto, ma molto ancora rimane da fare. Le filiere del riciclo esistono e sono consolidate. I consorzi guidano queste attività permettendo dei forti incrementi nella percentuale del riciclato. Ogni materiale necessita di un’apposita filiera per poter essere riciclato al meglio. Con un occhio verso l’ambiente, e un altro verso la sostenibilità economica, l’efficienza del processo deve essere incrementata perché se il riciclo è meno conveniente della discarica si può stare certi che quest’ultima sarà la destinazione del nostro “prezioso” rifiuto. Ecco nel dettaglio le filiere del riciclo più note e consolidate, divise per materiali.

I metalli: l’acciaio
Il riciclo dei metalli riguarda due tipologie di metalli: l’acciaio e l’alluminio. Le rispettive filiere di riciclaggio sono quelle più consolidate ed efficienti sia dal punto di vista della raccolta, sia da quello dell’efficienza complessiva della filiera. Imballaggi, scarti di lavorazione industriali e rottami ferrosi derivati dallo smaltimento delle autovetture a fine vita, rappresentano le principali fonti di approvvigionamento di materiale ferroso. Gli imballaggi in acciaio vengono conferiti, tramite il Consorzio Nazionale Acciaio, ad una serie di operatori qualificati nel settore del riciclo che li valorizzano attraverso processi di pulitura, riduzione del volume, frantumazione e destagnazione, separazione dallo stagno quando questo è presente, come nel caso degli imballaggi. Valorizzato il materiale, fase che è indispensabile per aumentare l’efficienza economica della filiera e diminuire i costi della logistica, il materiale è pronto per essere utilizzato nelle acciaierie e nelle fonderie dove viene rifuso e trasformato in nuovo acciaio. I prodotti ottenibili possiedono lo stesso livello qualitativo di quelli creati lavorando metallo estratto per la prima volta e possono essere utilizzati per produrre oggetti come parti di veicoli, elettrodomestici, tondini per l’edilizia, rotaie, travi ed elementi per l’arredamento. Nel mondo oltre il 40% dell’acciaio prodotto ogni anno è costituto partendo dal rottame di ferro, per una quantità totale di 350 milioni di tonnellate.
“Il Consorzio Nazionale Acciaio è stato creato con lo scopo di favorire, promuovere e agevolare la raccolta e il riciclo degli imballaggi in acciaio – afferma Franco Gnudi, Presidente del Consorzio Nazionale Acciaio – Ci occupiamo sia di imballaggi provenienti dall’utenza domestica come barattoli e bombolette, sia di quelli provenienti dall’utenza industriale, ad esempio i fusti.
Agiamo sensibilizzando gli utilizzatori degli imballaggi in acciaio per promuovere un corretto conferimento, verificando i flussi di raccolta e di destinazione del materiale ed assicurandone così il riciclo. Questa attività si svolge in collaborazione con i gestori della raccolta differenziata, comuni, consorzi di comuni, aziende municipalizzate e aziende private.
Nel 2003 il nostro consorzio ha incrementato la quota di riciclo di 11.000 tonnellate rispetto al 2002 attestandosi sul traguardo delle 321.000 tonnellate di imballaggi in acciaio riciclati che rappresentano il 55,8% dell’immesso al consumo (575.000 tonnellate). Tali risultati sono stati resi possibili ponendo maggior attenzione sull’avvio al riciclo dei rifiuti di imballaggio di uso domestico e promuovendo la raccolta differenziata comunale.
Nel periodo 2004 – 2008 abbiamo intenzione di potenziare la nostra struttura operativa e di intensificare le azioni di sensibilizzazione verso la popolazione, per raggiungere l’obiettivo, a fine 2008, di oltre il 60% di imballaggi avviati a riciclo”.

I metalli: l’alluminio
L’alluminio è, dopo l’acciaio, il secondo metallo più riciclato. La storia industriale di questo metallo ha poco più di un secolo a causa della complessità del processo d’isolamento necessario per ottenere il metallo puro. La fase chimica e quella elettrolitica, indispensabili per produrre l’alluminio primario, ottenuto dall’attività estrattiva, sono processi tortuosi, costosi, inquinanti ed energivori. Questi problemi hanno contribuito a sviluppare una buona filiera del riciclo dell’alluminio, consolidata sia dal punto di vista tecnologico, sia per il profilo logistico al punto che, a livello industriale, l’alluminio riciclato viene denominato come secondario. Il riciclo dell’alluminio permette di estrarre meno bauxite, con minori danni all’ambiente limitrofo alle grandi miniere a cielo aperto e un enorme risparmio d’energia. Per produrre un kg di alluminio dalla bauxite servono circa 14 kWh, mentre per ottenere la stessa quantità di metallo dal rottame si utilizzano solo 0,7 kWh: un risparmio del 95%. Il nostro paese è il primo in Europa e il terzo nel mondo per il recupero dell’alluminio che, dopo la separazione da eventuali altri metalli, viene pressato in balle e trasportato in fonderia dove viene pretrattato a 500° C per liberalo da altre sostanze estranee. Successivamente viene fuso ad 800° C per ottenere il lingotto di metallo puro da avviare alla lavorazione industriale. Principale fonte del rottame di alluminio sono gli imballaggi, anche se la filiera dell’auto inizia ad essere una fonte interessante. Sono 80 i chili di alluminio presente in un’auto vettura di oggi contro i 40 che erano utilizzati negli anni sessanta. Ad occuparsi del recupero degli imballaggi in alluminio post-consumo è il CIAL che è il consorzio di filiera che si occupa di questo materiale.

Il vetro
Altro grande protagonista dell’economia del riciclo è il vetro. La produzione industriale del vetro ha poco più di un secolo, ma le sua caratteristiche fisiche ne hanno determinato un grande successo nel settore della distribuzione e dell’imballaggio. La sua riciclabilità è pressoché totale, e dall’utilizzo del rottame di vetro si traggono due grandi vantaggi: il minor sfruttamento della materia prima, la silice, che si estrae da grandi cave, e il risparmio energetico. Il rottame di vetro può essere utilizzato all’interno della filiera produttiva senza problemi. Se si utilizza il 10% di vetro riciclato il risparmio energetico è del 2,5%, mentre si può arrivare al 20% se la percentuale di rottame è dell’80%. I vantaggi per l’ambiente non finiscono qui. La minor temperatura di fusione del rottame permette una riduzione dei fumi di combustione con un sostanziale abbattimento degli inquinanti come ossidi d’azoto, polveri e anidride carbonica.
Il processo di recupero viene svolto attraverso l’attività del COREVE, Consorzio Recupero Vetro, che concentra il rottame in appositi centri dove viene separato dal materiale estraneo, pulito e suddiviso per colore. In questa fase il rottame viene frantumato e mescolato alla silice in diverse percentuali e inviato alle vetrerie per la fusione. Non esistono limitazioni all’utilizzo di questo processo ma l’aumento della quantità di rottame utilizzato dall’industria vetraria dipende dalla disponibilità di rottame di buona qualità. Per questo motivo è necessario incrementare la bontà della selezione. Il colore, infatti, rappresenta uno dei problemi più importanti. Il rottame di vetro di colore diverso, detto misto, permette la creazione di oggetti gialli o verdi, cosa che ostacola la produzione di vetro bianco, per il quale è necessaria una selezione a parte. Altro aspetto importante è l’informazione sulla raccolta differenziata. Un oggetto in ceramica di piccole dimensioni, spesso assimilato erroneamente alla filiera del vetro, può inquinare un’intera campana per la raccolta. Per questa ragione è indispensabile che il rottame vetroso sia puro. Oggi, in Italia, il 60% delle bottiglie è realizzato con vetro riciclato e l’industria è pronta ad aumentare questa percentuale, legata alla capacità di raccolta e trattamento del rottame.

La plastica
Lo straordinario successo sia industriale, sia commerciale, delle plastiche, negli ultimi settanta anni ne ha aumentato la diffusione in maniera vertiginosa. Oggi non esistono categorie merceologiche che non abbiano subito profonde trasformazioni dall’utilizzo delle plastiche. La termoformazione, la possibilità di creare macromolecole che conferiscono ai materiali caratteristiche diverse e la facilità di implementazione industriale hanno determinato il successo delle plastiche. Questa sua versatilità e varietà ne rappresenta anche il tallone d’Achille sul fronte del riciclo.
“Per quanto concerne la raccolta differenziata urbana, il 50% circa del quantitativo totale selezionato è costituito, oggi,  dai contenitori per liquidi. – afferma l’Ingegnere Cesare Spreafico, Direttore del consorzio Corepla – Questa frazione è quella ”storica” che si presta meglio alla valorizzazione. Si tratta di un aspetto che è presente in tuta Europa.
Il restante mix è complesso e sostanzialmente ci troviamo di fronte ad una frazione a matrice poliolefinica. Il PVC non costituisce più un problema della gestione dei flussi data la ridotta presenza rispetto al passato. Per quanto concerne il polistirolo, abbiamo recentemente siglato un accordo con AIPE per la gestione di questa tipologia di imballaggi attraverso dei circuiti dedicati.
Nell’ultimo quinquennio l’aggiornamento tecnologico si è focalizzato sulla fase di selezione dei materiali in entrata presso i centri in modo da renderla automatica. Contemporaneamente abbiamo lavorato per ampliare i settori applicativi di riutilizzo. Per le frazioni più difficilmente recuperabili attraverso il riciclo meccanico abbiamo avviato un impianto pilota per la depolimerizzazione del PET che diventerà un’iniziativa semindustriale”.
Le materie plastiche più diffuse sul mercato appartengono a famiglie diverse di polimeri che non è possibile mischiare pena l’ottenimento di materiale di scarso pregio e qualità. Le principali famiglie di plastiche utilizzate per i prodotti di consumo sono: il PE, politilene, utilizzato per sacchetti, pellicole e imballi; il PP, polipropilene, utilizzato praticamente per tutto dalle moquette ai mobili; il PVC, cloruro di polivinile, che si trova nelle applicazioni industriali e nell’edilizia; il PET, polietilentereftalato, del quale sono fatti sia il nastro delle videocassette, sia le bottiglie dell’acqua minerale; il PS, polistirene, meglio noto come polistirolo, utilizzato, per la sua leggerezza, per gli imballaggi. Oggi, in Italia, nei rifiuti urbani si trovano oltre 5 milioni di tonnellate di plastiche dei quali il 40% è costituito da imballaggi.
Vista la varietà interna alla famiglia delle plastiche un’accurata selezione delle tipologie dei polimeri è di grande importanza per ottenere un prodotto finale di qualità. I rifiuti plastici sono trasportati in balle miste agli impianti di selezione dove vengono separati manualmente o attraverso dei detector automatici. Durante il processo si effettuano controlli incrociati e ripetuti perché la presenza di polimeri diversi nella stessa partita può produrre materiale meno pregiato. Nella fase della selezione si punta a ottenere partite consistenti di due gruppi omogenei di polimeri il PET ed il PE. Con il PET riciclato si ottengono maglioni e moquette, con il PE nuovi contenitori, e con il PVC prodotti per l’edilizia e per la casa. In questi casi si parla di ottenimento di materia prima seconda, a sottolineare il fatto che il prodotto riciclato ottenuto possiede delle caratteristiche tecniche molto simili a quelle iniziali.
Quando si mischiano diversi polimeri si ottengono le cosiddette plastiche riciclate eterogenee che si utilizzano per la produzione di cartellonistica stradale, recinzioni e arredi urbani.
È in fase di studio e sperimentazione il riciclaggio chimico delle plastiche. Si tratta di un sistema che dovrebbe rompere le catene polimeriche e ottenere dei monomeri di partenza da cui ripartire per un nuovo processo di polimerizzazione. Il raggiungimento di un traguardo di questi tipo permetterebbe di rivoluzionare la filiera del riciclo delle plastiche.
Altra possibilità di utilizzo di questo materiale, specialmente in quei casi dove per varie ragioni non è possibile effettuare una selezione efficiente delle diverse polimerizzazioni, è la termovalorizzazione. Si tratta di un processo che deve essere condotto con molta attenzione verso l’ambiente. Se da un lato è possibile l’ottenimento di una grande quantità d’energia, 50 grammi di plastica possono fornire l’energia necessaria ad una lampadina di 50 watt per un’ora e l’abbattimento volumetrico dei rifiuti da conferire in discarica, da un altro punto di vista è necessario che la termovalorizzazione sia compiuta in maniera controllata per evitare l’emissione di inquinanti nell’ambiente.

Il legno
Se cinque famiglie di plastiche vi sembrano molte, che dire delle 44.000 specie diverse di legno che esistono in natura? La vita sulla Terra ha prodotto una tale ricchezza di biodiversità sul fronte del legno che per l’uomo questa risorsa è sempre stata una materia prima fondamentale per lo sviluppo della civiltà così come la conosciamo oggi. Disegno, massa volumetrica, elasticità, durezza, resistenza alla compressione e flessibilità sono alcune delle caratteristiche che lo rendono riutilizzabile e riciclabile con grande facilità. Nel settore degli imballaggi, specialmente quelli utilizzati nel commercio all’ingrosso e nell’industria, è sviluppato il riutilizzo diretto dei contenitori in legno come cassette e pallets, mentre il legno derivato da imballi utilizzabili una sola volta viene avviato al recupero attraverso l’attività del consorzio RILEGNO, unitamente agli scarti legnosi provenienti sa attività civili e da scarti di lavorazione, nella logica di sfruttare positivamente le sinergie del sistema di raccolta. Il materiale viene indirizzato ai centri di raccolta dove subisce una prima riduzione di volume per questioni logistiche connesse con l’economicità dei trasporti e successivamente inviato agli impianti di riciclaggio, nei quali viene pulito e ridotto a scaglie, ossia frantumato meccanicamente in piccoli pezzi detti chips. La fase successiva è la pulizia fine nella quale si estraggono tutti i corpi estranei come graffette, chiodi, ecc… e successivamente il chips viene passato in appositi mulini che rendono le fibre ancora più piccole. Alla fine, per ottenere un semilavorato omogeneo sul fronte delle caratteristiche volumetriche e di umidità, le fibre subiscono un processo di essiccamento.
Il prodotto viene utilizzato, attraverso processi che uniscono la compressione a caldo e a freddo, e l’amalgama con resine, per ottenere pannelli di legno truciolato utilizzati per la realizzazione di mobili, di imballaggi e di rivestimenti per interni ed esterni.

“Oggi circa il 50% del truciolato prodotto nel nostro paese è prodotto con legno riciclato. – afferma Giampietro Cigolini, direttore del consorzio Rilegno – Il legno da riciclo è un materiale apprezzato e ricercato dall’industria del truciolato e possiamo dire che c’è una grande richiesta di questa “materia seconda”. Le tecnologie e le piattaforme di riciclo esistenti sono consolidate dal punto di vista industriale e ormai fanno parte a pieno titolo della filiera produttiva di questo prodotto. Nel nostro paese esiste tuttora un forte squilibrio geografico del riciclaggio del legno dovuto alla localizzazione delle industrie che lo utilizzano essenzialmente nel nord Italia. Su un totale di 1,4 milioni di tonnellate di legno riciclato solo 210.000 tonnellate sono raccolte al centro sud. Ciò è dovuto al fatto che il costo del trasporto incide in maniera significativa sul processo. Il valore del legno da riciclo si aggira intorno ai 25-30 euro per tonnellata e il trasporto dalle regioni del sud alle piattaforme del nord può far lievitare i costi fino a 60 €/ton”.

Con alcune tipologie di legno vengono creati dei bricchetti di pressato utilizzato come combustibile nelle stufe tradizionali. Mentre gli scarti industriali della lavorazione del legno, avanzi dei tagli, segatura e refili possono fare il salto di filiera ed essere impiegati nelle cartiere per la produzione di pasta cellulosica, oppure nei centri di trattamento della frazione organica dei rifiuti per il compostaggio. Altra alternativa è la pellettizzazione per la successiva termovalorizzazione del prodotto ottenuto. Si tratta di un utilizzo non troppo diffuso, vista la scarsa presenza, nel nostro paese, di impianti per la termovalorizzazione delle biomasse. Il riciclo di un materiale totalmente biodegradabile come il legno trova una giustificazione di carattere generale nel bisogno di proteggere l’atmosfera dalle emissioni di metano, dovute alla decomposizione, e a quelle di CO2 dovute alla combusione. Nello specifico del nostro paese, ormai spogliato dei propri boschi, significa proteggere il patrimonio boschivo residuo e alleggerire la bilancia delle importazioni dall’estero.

La carta
La carta è un prodotto formato da un sottile strato di fibre di cellulosa intrecciate con sostanze aggiuntive come collanti, coloranti e sostanze minerali. La materia prima della carta è il legno ricavato dagli alberi dai quali si estrae la cellulosa. Per liberare il legno dalla lignina, la sostanza che conferisce al legno la durezza e la rigidità, si utilizzano sistemi che danno luogo a paste di tipo diverso come la cellulosa pura, la pasta chimica e quella meccanica che possono essere utilizzate per produrre carte di qualità diverse. La resa del legname nelle produzione di cellulosa è bassa. Per produrne una tonnellata servono 2,5 tonnellate di legno grezzo, con una resa del 41%. Il resto della fibra è di solito rappresentato da materiali provenienti da altre colture. In Italia il consumo annuo di carta e cartone è di circa 11 milioni di tonnellate, 188 kg per abitante, e di questi 4 milioni sono rappresentati da imballaggi. Oggi il riciclo dei prodotto cellulosico riguarda 1,6 tonnellate l’anno e permette dei significativi risparmi sul fronte dello sfruttamento della risorsa e su quello energetico e dei gas serra. Da non sottovalutare anche l’aspetto legato alla riduzione del volume dei rifiuti conferiti in discarica che il riciclo della carta possiede.

“L’incremento che ci riguarda per il 2003 – afferma Piero Capodieci,Presidente Comieco – è di oltre 220.000 tonnellate di carta raccolta in più, delle quali 46.000 dalle regioni del sud. Questo dato deve far riflettere. Nonostante 15 kg per abitante possano sembrare pochi si tratta di un dato incoraggiante che indica come, nonostante le differenze dal nord, anche le regioni meridionali si stiano muovendo. Non bisogna dimenticare, infatti, che la composizione del rifiuto al sud è molto diversa da quella del nord. L’organico nelle regioni del meridione oscilla tra il 40 e il 60%, l’imballo degli alimentari è molto meno presente e, purtroppo, i lettori di quotidiani sono 4 milioni rispetto ai 10 milioni delle regioni settentrionali. Pertanto questo tasso d’incremento della raccolta differenziata della carta, nelle regioni meridionali, risulta di particolare importanza”.

La raccolta della carta viene svolta sempre più spesso anche dai recuperatori oltre che dalle figure storiche della prima parte della filiera come i “cartacciai”. La selezione della carta avviene attraverso processi che possono essere meccanici, chiamati ordinari o quelli manuali, chiamati spinti. Nel secondo caso la carta viene fatta passare su un nastro trasportatore dove una serie di operatori opportunamente addestrati prelevano ciascuno una tipologia di carta e la depositano in contenitori separati. Alla selezione fa seguito la pressatura per l’adeguamento volumetrico e la legatura in balle. La carta da macero non è tutta uguale, ne esistono circa 60 tipi diversi e più la selezione è accurata più è alto il valore economico della materia selezionata. Il processo di riciclo vero e proprio inizia con lo “spappolamento” della carta che viene tritata e trasformata in poltiglia con l’aggiunta di acqua calda. Successivamente l’impasto viene filtrato per eliminare le impurità più grosse e depurato per separare la pasta di cellulosa dalle altre scorie. La pasta di cellulosa viene mescolata a quella vergine, in proporzioni differenti in base alla qualità di carta che si desidera ottenere. In pratica può venir prodotta, con l’apporto della carta riciclata, qualsiasi tipo di carta: da quella per i quotidiani a quella d’alta qualità per arti grafiche. I vantaggi del riciclaggio della carta sono evidenti. Il minor utilizzo di pasta di cellulosa vergine permette di abbattere meno alberi e consente un forte risparmio sul fronte energetico con una conseguente minore emissione di gas serra.

Sergio Ferraris
La scienza del riciclo
Tecnologie, piattaforme e filiere del riciclo sono ormai consolidate nel nostro paese, e gli studi sui materiali e sulle tecniche per la difesa dell’ambiente, riciclo compreso, sono molto sviluppate. Abbiamo sentito due scienziati in prima fila, con i loro studi, su questo fronte.

All’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati del CNR avete recentemente messo a punto un nuovo sistema per il trattamento degli RSU. Ce ne può parlare?
“Il nostro nuovo sistema per trattare RSU non differenziati al fine di ottimizzare la termovalorizzazione si basa sulla riduzione del rifiuto in particelle delle dimensioni di 5 micron. – ci dice il Professor Sesto Viticoli, Direttore dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati del CNR di Roma – Con questo sistema tutto il rifiuto, a parte la componente ferrosa che viene separata prima, può essere utilizzato per la termovalorizzazione. La riduzione in microparticelle ha anche la peculiarità di eliminare i componenti clorurati dal rifiuto che spariscono nella fase di triturazione. Di fatto questo metodo impedisce la formazione di diossine durante la termovalorizzazione rendendo il processo di fatto più sicuro. Una volta terminata la fase di triturazione, il prodotto viene compattato in tavolette assolutamente inerti che è possibile stoccare per lunghi periodi e in assoluta sicurezza in attesa dell’utlilizzo”.

Su quali altri settori state lavorando?
“Le prospettive più interessanti sono sul fronte delle plastiche dalle quali, con l’aggiunta di appositi catalizzatori, si potrebbero ottenere idrocarburi. Un altro settore è quello dei rifiuti ferroviari come le traversine di legno e il ballast, (il pietrisco delle massicciate N.d.R.). Si tratta di prodotti fortemente inquinati dal Creosoto (un composto chimico utilizzato per aumentare la durabilità del legno N.d.R), che di fatto ne impedisce il riciclaggio. L’eliminazione di questo inquinante permette, nel caso delle traversine di legno, un loro inserimento sicuro nella filiera del riciclaggio del legno”.

Quali sono le prospettive della ricerca nel settore del riciclaggio delle plastiche?
“Prima di tutto bisogna dire che ci sono plastiche e plastiche. – afferma Cosimo Carfagna, direttore dell’Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri del Cnr – I polimeri più diffusi come polietilene e polipropilene possono essere riciclati a cascata per utilizzi meno nobili ad ogni passaggio. Le proprietà dei materiali, infatti, si riducono ad ogni passaggio. Per questa ragione è necessario individuare con esattezza la tipologia di oggetti che è possibile produrre con un determinato tipo di plastica riciclata”.

Quali ostacoli trovate?
“Uno degli ostacoli più grandi è rappresentato dagli imballaggi composti da polimeri differenti. La sfida della ricerca è ottenere un terzo polimero utilizzando un componente aggiuntivo che faccia da compatibilizzante e porti i due componenti a fondersi in modo omogeneo. Altro problema è la separazione automatica dei polimeri. Per realizzarla si può sfruttare il diverso peso specifico dei polimeri, il polipropilene per esempio galleggia sull’acqua.
Un sistema potrebbe essere quello della scissione delle catene polimeriche per ottenere dei monomeri da ricombinare successivamente. Si tratta di un processo ancora troppo costoso per essere applicato a livello industriale.
Lo scarso differenziale di prezzo tra i polimeri nuovi e quelli riciclati rappresenta un grosso problema. Un kg di polipropilene di prima scelta costa un euro mentre la stessa quantità di riciclato costa 60 centesimi. Il riciclato, inoltre, spesso non può essere utilizzato per fini estetici perché il colore può variare tra una partita e l’altra limitandone l’utilizzo”.


Il ruolo di Conai:
CONAI  è il consorzio italiano nato per gestire e promuovere il riciclo, la raccolta, e il recupero dei rifiuti di imballaggio immessi sul mercato dalle imprese e utilizzati dai cittadini. Si tratta di un consorzio privato, senza fini di lucro, costituito dalle imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi, che ha come fine quello di raggiungere gli obiettivi di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio previsti dalla legislazione europea e recepiti in Italia attraverso il Decreto Ronchi (Decreto Legislativo 22/97).Nel 2002, Conai, aveva come meta quella di recuperare o riciclare almeno il 50% degli imballaggi immessi sul mercato, grazie al finanziamento del Contributo Ambientale posto a carico dei soggetti economici interessati. Si tratta di un obiettivo raggiunto e superato dal sistema CONAI-Consorzi di filiera, che ha recuperato oltre 6,3 milioni di tonnellate, equivalenti al 55,7% degli imballi immessi al consumo. I dati del 2003 evidenziano una crescita del volume complessivo riciclato di circa il 3% rispetto al 2002.

Consuntivo risultati 2003

Imballaggi immessi al consumo

11.460 Kton

Rifiuti di imballaggio avviati a riciclo

5.912 Kton

Rifiuti di imballaggio avviati a recupero complessivo

6.750 Kton

Percentuale di riciclo su immesso al consumo

51,6%

Percentuale di recupero complessivo su immesso al consumo

58,9%

Oggi CONAI è il più grande Consorzio d’Europa con oltre 1.400.000 imprese iscritte.
Il nuovo sistema è ispirato alla piena collaborazione fra pubblico e privato, come indica il Decreto Ronchi, “è fatto carico ai produttori e utilizzatori (di imballaggi) di conseguire il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio”; mentre “spetta ai Comuni, tramite i gestori dei servizi, organizzare sistemi adeguati per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio su superficie pubblica.  La responsabilità condivisa che coinvolge imprese e Pubblica Amministrazione permette il raggiungimento di un buon grado di efficienza del sistema di valorizzazione dell’imballaggio e assicura un livello di contributi ambientali tra i più bassi in Europa. L’istituzione di CONAI ha permesso il graduale passaggio da un sistema di gestione basato sulla discarica, a un sistema integrato di gestione basato sul recupero e sul riciclo dei rifiuti d’imballaggio.

Raccolta differenziata per macroarea geografica, anni 1999-2002

1999 2000 2001 2002
(t) % (t) % (t) % (t) %
Nord 2.969.455 23,1 3.244.390 24,4 3.833.462 28,6 4.165.810 30,6
Centro 547.404 9,0 706.325 11,4 835.084 12,8 953.069 14,5
Sud 190.705 2,0 230.333 2,4 446.250 4,7 575.022 6,0
Italia 3.707.564 13,1 4.181.048 14,4 5.114.795 17,4 5.693.900 19,1


Raccolta differenziata delle principali frazioni merceologiche su scala nazionale, anni 1997-2002 (1.000t)

Anno

Organico

Carta

Vetro

Plastica

Beni Durevoli

1997

598,34

782,48

643,57

96,79
1998

891,15

1.000,99

665,99

150,77
1999

1.112,56

1.204,15

726,26

160,11
2000

1.292,73

1.307,99

758,84

174,70

54,72

2001

1.601,66

1.567,81

874,92

230,11

51,54

2002

1.811,93

1.682,78

888,05 241,31

77,55

Anno

Alluminio

Metalli

legno

Selettiva

Ingombranti

Altro

a recupero

1997

6,35

5,78

373,95

1998

10,12

8,94

288,29

1999

13,97

168,74

111,76

9,44

210,01

2000

17,49

212,73

196,75

nd

165,09

2001

10,25

200,64

191,09

22,34

217,89

146,55

2002

14,22

195,66

217,24

20,02

367,10

178,04

Fonte: Rapporto rifiuti 2003

I consorzi

Conai: si occupa del coordinamento dei consorzi di filiera per quanto riguarda gli imballaggi
Corepla: plastica
Rilegno: legno
Comieco: carta
Coreve: vetro
Consorzio Nazionale Acciaio: acciaio
CIAL: alluminio

L’articolo è stato pubblicato su La Nuova Ecologia

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7 Commenti su Riciclo: sulle traccie dei materiali

  1. Salve, vista la sua esperienza, se avesse la possibilità di invertire in uno dei settori del riciclo, tenendo conto della difficoltà, dall’investimento e dal ricavo. Su quale punterebbe?
    La saluto.
    Cristian

    • Salve. Grazie per la sua domanda. Dipende se punta su una redditività bassa nel tempo ma sicura, direi sulle filiere mature, come metalli, acciaio e alluminio, carta e vetro. Se Invece punta a rendimenti più alti ma con un margine d’incertezza più elevato direi le plastiche. Dipende però dalle anche dall’innovazione che mette sul processo e dalle realtà territoriali dalle quali trae i materiali. Per esempio se mi dicesse che opera con i rifiuti di Roma le direi di lasciare perdere per la pessima qualità della differenziata. Se vuole approfondire mi scriva in privato.

  2. Salve, mi permetto d’imoportunarla, stiamo costituendo un’associazione che dovrebbe avere come oggetto la raccolta di materie da reciclare é quest’ultima si progetta in Basilicata visto le ns origini.
    Cortesemente avrebbe dei consigli sul ns progetto per rispondere su due aspetti, uno l’utilità sociale é l’altro l’interesse économico.
    Grazie in anticipo é nell’attesa cordiali saluti.

    • Salve Mario
      Il problema del riciclo di pelle e cuoio è legato alla concia che se è fatta con materiali tradizionali ne “inquina” il materiale. Gli sfridi di cuoio derivati dalla concia vegetale sono usati dalle cartiere Favini per produrre una carta d’alta qualità che viene usata per gli imballaggi ad alto valore aggiunto. Questa carta non avendo prodotti chimici di sintesi poi può essere riciclata a sua volta con profitto.

  3. Salve, articolo ben fatto e completo. Per caso avrebbe dati aggiornati agli ultimi anni e nel caso mi saprebbe dare delle indicazioni per quanto riguarda le provincie di Chieti e Pescara.
    infine esistono dei siti sui quali poter attingere dati fondamentali per poter intraprendere un’attività imprenditoriale?
    grazie comunque per le informazioni già contenute nell’articolo letto.

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