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Vendere il Colosseo: il prezzo 267 milioni

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Vendere il Colosseo? Perchè no. Potrebbe essere la risposta, alla questione posta dalla Corte de Conti che ha rinfacciato all’agenzia di rating il fatto di non aver considerato gli asset artistici e culturali nel definire l’affidabilità del paese. E le reazioni non si sono fatte attendere. Con un misto di provincialismo conservatore bacchettone molti osservatori, in realtà non sapendo neanche di cosa si stesse parlando, hanno deciso tra il serio e il faceto che “l’arte non ha prezzo” e perciò, continuando in una logica di chi vuole l’Italia imbalsamata a se stessa, non si vende nulla. Ma per decidere se vedere o non vendere bisogna sapere quanto vale un bene prima di giudicare e allora ho fatto un poco di conti, su una realtà che conosco visto che abito a Roma: il Colosseo.

Diciamocelo il Colosseo prima di tutto è un pezzo unico, anche se non si direbbe visto che da mezzo secolo è usato dai romani come spartitraffico e non crederò alla pedonalizzazione dell’area fino a quando non vedrò le margherite dove ora passano autobus e taxi. E come tutti i pezzi unici è difficile, ma secondo me non impossibile da valutare. Una base da cui partire può essere la redditività dell’oggetto in se. Vediamola.

A oggi il circuito Colosseo Fori imperiali Palatino rende, verrebbe a dire d’inerzia vista la scarsa valorizzazione, circa 72 milioni di euro (6 milioni di presenze per 12 euro a biglietto) più 2,2 milioni di euro di bookshop. Totale 74,2 milioni. Per fare un raffronto la sola Torre Eiffel di Parigi, fa 7 milioni di visite l’anno per 14,5 euro di biglietto: totale 101,5 milioni. E parliamo di un singolo monumento non dell’area archeologica urbana più grande del mondo. Questo primo raffronto dimostra in primo luogo che il Colosseo è di default sottoutilizzato, con ogni probabilità anche per questioni di sistema più generali. Teniamo quindi per buoni gli incassi attuali, tenendo a mente però che nonostante non siano stati fatti dei miglioramenti sul lato dell’offerta tra il 2000 e il 2013 il flusso di visitatori è aumentato del 3% annuo e le previsioni lo danno in crescita. Sul fronte della marginalità l’antico “rudere” se la cava bene. I dati danno spese per circa il 70% degli incassi, quindi un “netto di 22,2 milioni di euro. Una situazione che un eventuale acquirente potrebbe migliorare e non poco. Un nuovo assetto dell’area per esempio potrebbe ridurre diciamo del 20% le spese per la manutenzione dei giardini che sono di 12 milioni, cosi come anche le spese ordinaria, 20 milioni, quasi tutte di personale potrebbero essere ridotte di un altro 20% mentre sono incomprimibili, anzi andrebbero aumentati, i 17 milioni spesi per al manutenzione. Poniamo che le economie sulle prime due voci vadano in aumento alle spese per la manutenzione e che quindi i saldi rimangano invariati.

Andiamo avanti. Un privato di sicuro aumenterebbe l’offerta per “spremere” il bene, facendo attenzione a non strangolarlo, si spera anche il caso autostrade ci dice il contrario, ma mi piace pensare che ci siano imprenditori che non si comportano così. I primi due utilizzi da incrementare sono di sicuro i servizi di ristorazione, oggi “appaltati” attraverso dei devastanti camioncini mobili che sono un insulto alla cultura e anche agli occhi, a una nota famiglia di ambulanti che siede persino al Campidoglio e i cosiddetti utilizzi accessori, come eventi, manifestazioni ecc ecc. Volendo fare una stima molto conservativa sul fronte della ristorazione potremmo valutare la somma di un euro a visitatore, quindi sei milioni di euro l’anno, mentre per gli eventi il metro utilizzabile potrebbe essere quello dell’Arena di Verona, che l’ultimo anno con 62 serate ha incassato 28,7 milioni di euro, più 27% rispetto al 2012 e con circa 483mila spettatori, più 13%. Anche qui in crescita.

Di sicuro si griderebbe allo scandalo per l’utilizzo del Colosseo come luogo di spettacolo, ma si tratterebbe solo di riprendere filoni di eventi già avvenuti. I monumento, infatti, è stato teatro nel 2000 della rappresentazione della Trilogia di Sofocle al suo interno, il biglietto per i tre spettacoli costava tra i 30 e i 60 euro, mentre andando più indietro nel tempo come non ricordarsi che la Basilica di Massenzio fu teatro delle prime iniziative dell’Estate romana – la Rassegna cinematografica per l’appunto di Massenzio – voluta da Renato Nicolini che culminò nel 1981 con la proiezione del Napoleon di Abel Gance in versione originale restaurata, trasformando via di san Gregorio in una platea e l’Arco di Costantino e il Colosseo in uno “schermo di proiezione”. Fu un evento che vide la partecipazione di ottomila spettatori e la presenza di madame Mitterrand e dell’allora Ministro della cultura francese Jack Lang. E scusate se è poco. Pochi esempi quindi per dare un’idea della potenzialità dell’area. E ora tiriamo le somme. Abbiamo 22,2 milioni di euro di netto consolidato attuale, al quale potremmo aggiungere un netto sul fronte della ristorazione di altri due milioni – 30% di sei milioni, e, facendo un’ipotesi molto cautelativa 14 milioni. la metà dell’arena di Verona, sul fronte delle iniziative accessorie. Totale 38,2 milioni di margine l’anno. E partiamo di qui per chiudere il cerchio. Quanto vale un bene che assicura un netto di questo tipo? Direi a spanne che fissando il punto di break-even a sette anni, potremmo dire 267,4 milioni di euro. Un “affitto” o meglio una concessione trentennale, questa sarebbe la soluzione adatta, quindi renderebbe 1,14 miliardi in trenta anni, ossia 878,6 milioni nello stesso periodo al netto della concessione, 29,2 milioni l’anno. Personalmente un pensierino ce lo farei.

PS: i calcoli si basano esclusivamente su una redditività “materiale” come se il Colosseo fosse un bullone senza tenere conto del valore del brand, che qualcuno stima in 91 miliardi, ma ciò apre un’altra partita a mio giudizio molto più complessa e opinabile.

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