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Autoproduzione energetica: migliaia di firme

Sono migliaia le firme alla petizione per l’autoproduzione energetica. Un risultato che è stato raggiunto nel silenzio dei media generalisti, solo con l’appoggio di quelli specializzati e con il passaparola sui social

autoproduzione energetica
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È una petizione tecnica. Molto tecnica quella lanciata da Fabio Roggiolani sull’utilizzo dei “sistemi di distribuzione chiusi”, per l’autoproduzione energetica da parte dei singoli cittadini “prosumers” o da piccole, medie o grandi aziende. E che è rivolta al presidente de Consiglio Paolo Gentiloni, affinché durante la discussione in Senato sul decreto legge “Concorrenza” sia accolgano gli emendamenti che consentano una vera liberalizzazione dal basso.

Un problema per pochi? No, l’autoproduzione energetica è una questione molto più sentita di quanto non s’immagini e il numero delle firme a questa petizione lo dimostra. A oggi, infatti, sono circa 7.500 le firme alla petizione. Un risultato che è stato raggiunto nel silenzio dei media generalisti e solo con l’appoggio di quelli specializzati e con il passaparola sui social.

Ma quale è il problema in sintesi? In Italia non è possibile produrre energia e venderla al proprio vicino di casa senza dover essere “un’azienda” di grandi dimensioni. Una barriera che è contro l’innovazione e per la difesa di rendite di posizione che persino le utilities, quelle più innovative, giudicano perdenti.

In tutti i settori, infatti andiamo verso una “liquidità” e parcellizzazione dell’economia con i ruoli dei consumatori e dei produttori che si uniscono in un contesto di sharing economy. Sono i “prosumer” parola sintetica – unione di producer e consumer – che sintetizza questi nuovi soggetti le cui dinamiche economiche e sociali sono ancora tutte da scoprire, ma i cui vantaggi sociali ed economici sono certi.

Essere anche produttori di valore, oltre che consumatori, porta a una maggiore responsabilizzazione delle persone verso l’economia e l’ambiente, aumenta la percezione etica delle proprie azioni e incrementa – e in Italia c’è ne è un grande bisogno – l’appartenenza a una comunità, iniziando a da quelle di scopo.

E l’energia, con l’autoproduzione energetica, è il primo terreno sul quale sperimentare queste dinamiche che in seguito di sicuro si diffonderanno alla produzione materiale, ai servizi, al welfare e alla cultura. Per iniziare. Essere al centro di un fenomeno del genere significa essere all’interno, nel cuore dell’innovazione che oltre che tecnologica deve essere assolutamente anche sociale.

Ed è esattamente questa la logica che ha portato, a mio giudizio, 7.500 persone a firmare la petizione, per l’autoproduzione energetica. Perché in un momento in cui da un lato abbiamo metà opinione pubblica mondiale che chiede l’erezione di muri per paura, mentre un’altra metà desidera che le barriere s’abbattano, dimostrare che un altro modo di essere, in questo caso partendo dall’energia, è possibile, significa dare un segnale forte. Anche Politico. Di quella Politica con la P maiuscola che è vicina, nei fatti, alla vita dei cittadini.


Per questo motivo firmate, ma soprattutto fate firmare la petizione per l’autoproduzione energetica. Un piccolo, grande gesto. Importante.

Firmate qui la petizione per l’autoproduzione energetica: “Scambiare o vendere energie rinnovabili sia libero per tutti”.


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