Clima: anche maggio anomalo

Continua la serie negativa sulle temperature e aumenta la concentrazione di CO2 in atmosfera

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E anche maggio 2016 è record per il clima. Il mese scorso, infatti, è stato a livello mondiale il maggio più caldo mai registrato dal 1880, ossia da quando è partito il monitoraggio delle temperature globali. Si tratta del quinto mese consecutivo dell’anno che registra questo record – il tredicesimo se consideriamo anche il 2015 – con un aumento di 0,87°C generali e di 1,17°C per le terre emerse e di 0,76°C per le superfici degli oceani. Complessivamente la primavera del 2016 è stata, a livello globale, la più calda mai registrata in entrambi gli emisferi e sia sulle terre emerse, sia sugli oceani, mentre nel mese di maggio è stato l’emisfero sud a essere più caldo di quello nord, contrariamente a ciò che succede normalmente.

Nel dettaglio l’anomalia climatica di maggio si è sviluppata in Alaska, Canada, Messico, America centrale, parte nord del Sud America, Nord Europe, Africa, Oceania, e parte del Sud Est Asiatico. Insomma l’ennesimo allarme climatico che ormai non fa neppure più notizia. E i dati parlano di una variazione, verso l’alto, della temperatura, se si osservano le medie relativa alla durata della vita umana.

La temperatura stagionale marzo-maggio è stata più alta 1,06°C rispetto alla media del 20 secolo ed è la prima volta che una stagione intera sorpassa il limite di 1°C, e nel 2015 l’anomalia stagionale era di 0,22°C. E va ancora paggio sulle terre emerse dove la primavera è stata più calda di 1,89°C sorpassando di parecchio il precedente record stazione del 2010 che era di 0,49°C. Nel dettaglio l media Marzo-Maggio 2016 è stata di 1,86°C maggiore rispetto alla media 1961–1990, in Australia, con una punta nel Queensland dove si è arrivati a 2,35°C. In nuova Zelanda l’aumento è stato di 1,4°C rispetto alla media 1981-2010.

E questi dati sono importanti perchè sono quelli che a livello locale influenzano la vita di tutti i giorni, come i cicli agricoli, le infrastrutture come quelle della distribuzione idrica, quelle energetiche per la climatizzazione e la refrigerazione e così via. E potrebbe essere un circolo vizioso. Per fare fronte ai cambiamenti negli stili di vita indotti dal riscaldamento globale che sembra accentuare rapidamente i suoi effetti, a giudicare dall’impennata delle temperature negli ultimi mesi, si potrebbero aumentare i consumi di combustibili fossili, dai quali dipendiamo ancora per l’84%, immettendo altra CO2 in atmosfera.

E su questo fronte siamo probabilmente al limite. I livelli preindustriali della concentrazione di CO2 erano di 280 parti per milione (ppm) e oggi siamo a 404,08 ppm (dato aprile 2016) con l’IPPC, il panel internazionale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i cui dati ci dicono che per contenere l’aumento di temperatura entro gli 1,5°C al 2100 “auspicati” dalla Cop 21 di Parigi non dovremmo superare i 430 ppm. Una missione che si direbbe impossibile visto che aumentiamo la concentrazione di anno in anno. Ad aprile 2015, un anno fa, eravamo a 400,72 ppm, quindi in un anno abbiamo incrementato la concertazione di CO2 nell’atmosfera di 3,36 ppm. Di questo passo, quindi esauriremo lo stock di CO2 disponibile per il target di 1,5°C al 2100 in poco meno di otto anni. Entro il 2024. Unica buona notizia è che nel 2015 le emissioni di CO2 in atmosfera sono calate e si sono disaccoppiate dal Pil, ma il lavoro è ancora lungo. Questa riduzione, infatti, è merito dell’efficienza energetica – che però non può essere infinita – e delle rinnovabili – che però crescono troppo lentamente, cose alle quali bisogna aggiungere che la CO2 in atmosfera manifesta i propri effetti per centinaia di anni e per questa ragione si dovrebbe iniziare a parlare non di riduzione, ma di emissioni zero al 2050. Peccato che a Cop 21 sia “saltato” qualsiasi riferimento a percentuali globali i riduzione della CO2.

Nota e fonte dei dati: NOAA National Centers for Environmental Information, State of the Climate: Global Analysis for May 2016, published online June 2016, retrieved on June 17, 2016 from http://www.ncdc.noaa.gov/sotc/global/201605
Si ringrazia Vincenzo Ferrara per la tempestiva segnalazione del rapporto.

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