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2 settembre 2017: festa dell’Unità di Genova. Rainbow Economy sull’economia circolare.

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Alla festa dell’Unità di Genova, il due settembre 2017, ore 18.00 dibattito sull’economia circolare.

Rainbow Economy

  • Massimo CALEO, Senatore PD
  • Anna Colombo, Consigliere Speciale Gruppo S&D europarlamento
  • Sergio Ferraris, giornalista scientifico, direttore della rivista di Legambiente, QualEnergia

Le slide per mobile del mio intervento


L’economia circolare: necessità e opportunità per il futuro


Si tratta d’entrambe sia necessità, sia opportunità e può fare anche di più: dare una mano alla politica a risolvere un conflitto, evidente in Italia tra ambiente e sociale, due istanze che fino a ora sono contrapposte e tra le quali c’è anche un muro di carattere culturale.


I numeri dell’Italia. Not bad…

E l’Italia? Il nostro paese sul fronte dell’economia circolare potrebbe, il condizionale è d’obbligo e poi spiegherò perchè, essere in pole position.

Il tasso di riciclo dei materiali presenti nei rifiuti è:

carta 80%

acciaio 73,4%

vetro 71%

alluminio 75%

Sull’alluminio siamo 3° al Mondo, dopo Stati Uniti, Giappone. Il 100% dell’alluminio prodotto in Italiaproviene dal riciclo.

Sugli oli minerali usati siamo i primi nel mondo, tasso di riciclo del 98%, e possediamo una tecnologia che “insegniamo” ai cinesi.


Un caso concreto: Favini

Favini è una cartiera storica del Veneto e da oltre venti anni “contamina” le fibre di carta con altri materiali (non li chiamiamo più rifiuti) aumentandone la sostenibilità e anche il mercato. Oggi Favini è in grado di realizzare carta di pregio con “scarti” arrivando al mercato del lusso. E’ il caso della scatola della nuova linea di champagne biologico di Veuve Clicquot – Naturally Clicquot.

Il cartoncino è realizzato al 25% con la vinaccia de-alcoolata residuo della spremitura dell’uva dalla quale si ottiene lo champagne. Il processo di produzione della carta è illustrato su un lato dell’imballaggio in francese e inglese.


Oltre la materia: la concezione degli oggetti

L’esempio di Fairphone 2 è significativo. Si tratta di un telefono cellulare, etico, che è possibile aggiornare con dei moduli. Due giorni fa per esempio è uscito l’aggiornamento dei due moduli delle due fotocamere che passano rispettivamente da 5 a 12 e da 2 a 5 megapixel e che è possibile cambiare con un semplice cacciavite. La sfida non e solo ecologica ma anche tecnologica. I grandi fabbricanti di smartphone infatti sostengono che un telefono modulare sarebbe ingombrante, poco pratico e inutilizzabile.

fairphone2

Una logica di questo tipo però sarebbe monca se fosse a se stante. E l’esperienza di Fairphone lo dimostra. L’approccio di tutto il ciclo di vita del telefono è etico. Si va dall’evitare di usare materie prime provenienti da zone di conflitti, al non utilizzo di lavoro minorile, fino al riciclo/riuso delle componenti obsolete.


Cosa manca quindi?

Da parte della politica abbiamo una visione “vecchia”, anche da parte dell’Europa che punta quasi esclusivamente sui rifiuti che sono importanti, ma le aziende che stanno facendo economia circolare sono già più avanti. Mentre la politica è ancorata alla prima metà della soluzione del problema il downcycling ossia ottenere dai rifiuti una materia prima/seconda di qualità inferiore a quella vergine, le imprese, come Favini, sono impegnate nell’upcycling ossia nell’ottenere materia prima/seconda di qualità superiore o uguale, producendo valore. E facendo così economia e sviluppo, sostenibili e circolari. Procedendo in una visione industriale e di filiera dell’upcycling che vada oltre a quella artigianale che è stata seguita fino a ora. Anche se con ottimi risultati.

upycling 1


Industrie in simbiosi

Deve essere sviluppata la simbiosi industriale e per fare ciò devono essere abbattute le barriere tra le filiere di produzione. Ma non è semplice anche perché bisogna passare dalla logica del segreto industriale a quella della condivisione e per fare ciò serve un ruolo importante del pubblico. Serve, specialmente in Italia, dove a fare economia circolare sono, Pmi, Start Up o al massimo multinazionali tascabili, un forte impulso alla ricerca applicata pubblica che deve essere sui processi, sui prodotti e sia sull’affinamento, sia sull’innovazione.

Scott Hammond with the team at NREL

Il modello c’è ed è quello dei laboratori del Nrel dove First Solar grazie alle piattaforme di ricerca pubblica ha migliorato l’efficienza energetica dei propri pannelli fotovoltaici dal 9 al 22% e ha migliorato l’efficienza dei processi di produzione abbattendo i costi dei propri prodotti in linea con il resto del fotovoltaico, il 75% in 10 anni. Consentendo la realizzazione di quello che fino all’anno scorso era l’impianto fotovoltaico più grande del mondo, nel sud della California: 550 MWe con 8 milioni di pannelli.

Le aziende italiane non si possono permettere investimenti del calibro di quello che sta facendo Stora Enso, la seconda azienda al mondo nella produzione di polpa di cellulosa da legno che ha realizzato a Stoccolma un laboratorio di ricerca privato sui biomateriale con 30 ricercatori il cui scopo principale è, oggi, trovare un utilizzo che produca valore dalla lignina che è il 30% dello scarto dell’azienda.

Serve una politica industriale a 360 gradi che guardi al complesso dell’economia circolare, ai contesti economici ed ambientali, come quelli rappresentati dai cambiamenti climatici e dai rifiuti, sviluppando le condizioni necessarie, come quella legata alla ricerca e abbattendo le barriere comprese quelle normative.


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Grazie per l’attenzione

potete seguirmi su QualEnergia: http://lanuovaecologia.it/categoria/qualenergia-bimestrale/

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