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Informazione ambientale: in una bolla

L’informazione ambientale è confinata in cluster d’interesse limitati dai quali dovrebbe uscire per sopravvivere

informazione ambientale
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L’informazione ambientale è al capolinea? La domanda potrebbe sembrare inconsueta visto che si fa un gran parlare d’ambiente oggi. Sostenibilità, ecologia, ambiente, green job ed economia circolare, sembrano essere parole all’ordine del giorno ma le cose sono, in realtà, diverse.

Se si utilizzano degli indicatori esterni al mondo ambientalista, ci si accorge che l’ambiente, e quindi l’informazione a esso collegata, potrebbe non essere così centrale. Gli spazi sui media, i cosiddetti main stream, si vanno sempre più riducendo – si veda la drastica riduzione degli spazi Rai dedicati all’ambiente negli ultimi tre anni – ma anche su altri media, come i giornali cartacei in Italia le questioni energetico/ambientali trovano sempre meno spazio. Neanche sul fronte web le cose sembrano andare meglio.

Diversi siti hanno chiuso e altri hanno dirottato su contenuti sempre di carattere ambientale ma più generalisti. Da registrare, per quanto riguarda l’informazione ambientale, il fatto che il livello d’innovazione tecnologica sul fronte editoriale è addirittura più immobile di quello generale del nostro Paese, che già non è alto.

Tutto mentre le aziende stanno scoprendo quanto sia “redditizio” fare comunicazione con contenuti propri saltando la fase dell’intermediazione editoriale, anche se alcune esperienze d’autoproduzione di contenuti per i siti aziendali, analizzandole sotto il profilo dell’informazione, sottovalutano alcune questioni fondamentali come la capacità dell’intelligenza collettiva della rete di saper distinguere tra informazione ambientale e il green washing nudo e crudo.

Si tratta di un contesto, in generale negativo, che non può non esserlo per il corpo sociale del nostro Paese anche perché alimenta, complici gli algoritmi dei social, l’effetto bolla. Per essere chiari, chi si occupa oppure ha a cuore l’ambiente è convinto di vivere in una società che fissa le questioni ambientali come prioritarie, mente chi non se n’è occupato in precedenza rimane escluso da questi contenuti. E non si tratta di una questione di poco conto, perché riguarda anche la politica.

Qualsiasi decisore politico che ragioni in base agli analitics della rete o dei social, ha ragione da vendere dal punto di vista strettamente elettorale, quando decide di non occuparsi d’ambiente. Le questioni ambientali sono una grande complicazione ed è più conveniente tralasciarle.

Questa è la ragione per la quale l’ambiente e l’energia hanno avuto un peso così scarso nella recente competizione elettorale, ad eccezione di Verdi e M5S. La prova di tale disattenzione si trova nei particolari. La sera dal 31 maggio 2018, infatti, all’uscita della lista dei ministri del nuovo esecutivo Lega-M5S, i quattro principali giornali nazionali hanno pubblicato la lista dei ministri, diffusa dall’Ansa, nella quale mancava quello dell’Ambiente. E non solo il nome, ma anche il dicastero.

Il Ministero non è stato abolito, ma la lista sbagliata è rimasta online per più di tre ore, un intervallo immenso ai tempi della rete, senza che alcuna di queste testate si chiedesse che fine avesse fatto il Ministero in questione. Una piccola cosa che testimonia quanto incidano le questioni ambientali. E di riflesso anche i politici, nessuno dei quali ha replicato o chiesto lumi sulla questione. Tradotto: la soppressione del Ministero dell’Ambiente non è una notizia.


Per saperne di più vai al mio Personal Position Paper sull’informazione ambientale

Pubblicato su QualEnergia numero 2 2018


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