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Fotovoltaico: la filiera è persa

Si prova, con dieci anni di ritardo a recuperare la produzione di pannelli fotovoltaici in Italia. Ma è troppo tardi

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Fotovoltaico. Sviluppare in Italia una filiera industriale in grado di produrre celle fotovoltaiche molto efficienti di basso costo e riconquistare competitività nel settore. Si direbbe un annuncio di dieci anni fa 2007, quando ancora si sentivamo gli effetti dello shortage del silicio, il mercato, spinto dal conto energia era in brusca impennata.

Fu allora che l’Italia perse, nonostante lo “zoccolo duro” la possibilità di guadagnarsi un posto al Sole, è il caso di dirlo, nel fotovoltaico. Proprio in quegli anni, infatti, si negò la possibilità a uno dei più grandi imprenditori italiani del settore di realizzare una fonderia di grado solare in Italia, necessaria per avviare la filiera del fotovoltaico, con un iter autorizzativo durato anni e concluso con il trasferimento dell’iniziativa in Canada, dove fu autorizzata in sei mesi. E si svendette a investitori a stelle e strisce l’unica fabbrica di robot dell’epoca adatti all’assemblaggio del fotovoltaico al mondo che fu smantellata e ricostruita negli Stati Uniti.

Con questi presupposti appare un poco azzardato l’obiettivo, circa il fotovoltaico del progetto europeo Ampere – Automated photovoltaic cell and module industrial production to regain and secure european renewable energy market – finanziato con 14 milioni dal programma Ue di ricerca e innovazione Horizon 2020 e al quale partecipano in Italia Enea, Cnr-Imm di Catania, la Pmi Rise Technology e 3Sun del gruppo Enel Green Power, leader nel settore in Italia e capofila di Ampere e che punta a creare nello stabilimento catanese della 3Sun una linea produttiva che in cinque anni sia in grado di realizzare moduli fotovoltaici ad alta efficienza bifacciali a eterogiunzione in silicio per una capacitá complessiva di 1 GigaWatt/anno.

Si tratta di moduli che garantiscono rendimenti che superano il 23%, costi di produzione inferiori a 0,42 euro/Watt di picco, un’affidabilità di oltre 35 anni e un basso tasso di degrado delle prestazioni (inferiore a 0,5% annuo).

Sono qualità che porrebbero questi prodotti al vertice del mercato fotovoltaico che però forse non tutti sono appetibili per il mercato delle utilities che in realtà è guidato sostanzialmente dal prezzo che deve essere il più basso possibile per raggiungere al più presto il punto di break even al fine di portare l’investimento rapidamente in fascia d’alta redditività.

All’Enea spetta il ruolo di supporto tecnico scientifico per la simulazione computazionale, la verifica in laboratorio e soprattutto lo sviluppo e la sperimentazione di materiali innovativi, come ossidi e metalli trasparenti, in grado di massimizzare le rese delle celle ad eterogiunzione.

«Questo progetto rappresenta un’occasione unica per ricreare nel nostro paese una filiera industriale, in un settore, quello del fotovoltaico, in cui abbiamo perso la supremazia produttiva ma non quella tecnologica. – sottolinea Mario Tucci, responsabile Laboratorio Tecnologie Fotovoltaiche dell’Enea – Oggi abbiamo l’opportunità di rivoluzionare il mercato sviluppando know-how per aumentare le rese e abbattere i costi, creare una filiera competitiva e attraente e favorire la competitività del sistema produttivo nazionale, anche in assenza di incentivi pubblici».

L’orizzonte produttivo di cinque anni, poi, è un’incognita. Se da un lato è certo che il mercato del fotovoltaico si svilupperà, non è altrettanto certo che i prezzi non scendano ulteriormente sia per l’affinamento produttivo, sia per una overcapacity produttiva rispetto al mercato che potrebbe abbassare i prezzi per eccesso di produzione.

Nel frattempo, invece, rischiamo di perdere un’altra leadership che è quella dell’accumulo, settore nel quale siamo sul serio leader e che vede un mercato in crescita spinto dall‘autoproduzione energetica e dalla mobilità sostenibile. Un treno che stiamo perdendo, ma che potrebbe ancora essere ripreso.

Questo articolo è stato scritto per Tekneco

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