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Informazione ambientale: la non notizia della natura

Tra yacht distrutti e boschi, i media privilegiano i primi. È un sintomo di come gli stili di vita, siano distanti dalla natura. E di come sia in crisi l'informazione ambientale

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L’ondata di maltempo che ha colpito l’Italia a fine ottobre ha avuto dei risvolti mediatici con luci e ombre. Si è trattato di un fenomeno “normale”, la cui potenza è con ogni probabilità da attribuirsi ai cambiamenti climatici che stanno riscaldando considerevolmente il Mar Mediterraneo che “scarica” l’energia accumulata attraverso eventi che anche se per la loro potenza hanno una veste eccezionale e inedita si possono considerare “normali” come dinamica.

Il protagonista in questo caso, è stato il vento, causato da una forte depressione. Nessun ciclone, nessuna tromba d’aria, – fenomeni locali – ma “semplicemente” un vento di velocità e potenza inedite, ha spazzato tutta la Penisola, da Sud a Nord, colpendo località costiere e dell’entroterra.

Il risultato è stato, al solito, rappresentato da una sequela di morti, feriti e distruzioni che sul fronte comunicativo hanno avuto risvolti diversi in base alla “mediaticità” degli eventi. A parte casi nei quali si sono perse delle vite, come quello del villino di Casteldaccia in Sicilia, non tutti i fenomeni hanno avuto la stessa dignità comunicativa.

Durante i primi giorni dell’emergenza ha avuto grande eco, a livello di notizia e di immagini, il danneggiamento del porto di Rapallo dovuto al crollo della diga foranea, durante il quale sono andati distrutti alcuni yacht di lusso, tra i quali uno della famiglia Berlusconi, immediatamente diventati il simbolo della catena di eventi.

Contemporaneamente il vento ha letteralmente fatto strage di alberi, solo nel bellunese le ultime stime parlano di otto milioni di metri cubi – la quantità di legno che si taglia in tutta la nazione in un anno. Evento paragonabile alla distruzione inflitta ai boschi dalla Prima guerra mondiale. Il tutto con blocco delle strade, danni agli acquedotti e alle linee elettriche, fatti che hanno messo in ginocchio la provincia veneta ma che sono stati a lungo ignorati dai media.

La differenza di copertura tra la notizia di Rapallo e quella di Belluno fa riflettere. Nel primo caso, la rappresentazione iconografica – quella che forma le notizie più di tutte – è stata quella degli yacht di lusso distrutti. Oggetti che, nonostante siano elitari, sono stati riconosciuti dai media come simboli iconici della tragedia, cosa che non è accaduta agli alberi bellunesi. E su ciò c’è da riflettere. Con ogni probabilità la scelta mediatica operata ha delle ragioni antropologiche radicate nello stile di vita odierno.

Ci riconosciamo di più nella sfera dell’artificiale che non in quella della natura e proviamo più empatia, specialmente sotto il profilo iconico, quello meno mediato dalla razionalità, per gli artefatti antropici che non per gli elementi naturali. Con ogni probabilità è dovuto, al fatto che costruiamo tempi e spazi di vita sempre più artificiali, nei quali spendiamo una quota sempre maggiore della nostra esistenza, estromettendo dal nostro bilancio esistenziale la natura, anche se essenziale all’esistenza.

Il credito dato dai media a questa concezione non fa altro che aumentare la distanza tra l’uomo e la natura, distanza che è alla base degli insuccessi di battaglie fondamentali come quella che riguarda i cambiamenti climatici.


Per saperne di più vai al mio Personal Position Paper sull’informazione ambientale

Pubblicato su QualEnergia numero 5 2018


Gli effetti del vento in località Stalimen a Predazzo (Trento) il pomeriggio del 30 ottobre 2018.


Foto: cortesia Graziano Melis, contattato attraverso Graziano Morandini di www.valledifiemme.it

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